Il team è un gruppo anche se virtuale: decisione, emozioni e fiducia

Negli ultimi decenni, le organizzazioni hanno dovuto affrontare cambiamenti radicali del loro mercato di riferimento. Per rispondere alle sfide della crescente concorrenza globale in un'economia basata sulla conoscenza, le forme di lavoro tradizionali sono state in parte sostituite e integrate da strutture organizzative più flessibili. Contemporaneamente i progressi nelle tecnologie dell'informazione e della comunicazione hanno creato i mezzi per interagire oltre i confini sia nello spazio che nel tempo. In questo contesto, i team virtuali hanno acquisito sempre più attenzione. Il lavoro in team che non richiedono la presenza fisica nello stesso luogo, nuova forma organizzativa, mira a sfruttare i vantaggi della tradizionale struttura di lavoro in gruppo, affrontando allo stesso tempo le sfide del decentramento e della dispersione geografica.  Tra i team definibili come virtuali, le imprese e altre organizzazioni fanno sempre più affidamento a quelli che si strutturano in modo auto-organizzato. Ma i limiti geografici, organizzativi e sociali intrinseci che le tecnologie sembrano permettere di annullare, in realtà non si escludono totalmente, e rimangono la delicatezza delle relazioni che si instaurano tra i membri del team, necessarie, ad esempio, ai gruppi per prendere decisioni condivise e dunque pienamente efficaci. Risulta importante comprendere come il gruppo svolge il suo “mantenimento”, quali tattiche sociali vengono intraprese in questi team per facilitare il suo evolversi. Il “mantenimento” del gruppo è definito come un comportamento discrezionale di costruzione di relazioni che consente ai membri del gruppo di fidarsi e cooperare tra loro più facilmente; questo perché i team sono un sistema sociale caratterizzato da contesto, identità e attività contemporanea comune, e se sono virtuali, non prevedono gli incontrano di persona. Ci concentreremo in particolare sui meccanismi di funzionamento dei gruppi, riflettendo quanto questi aspetti facilitino o meno avendo il funzionamento dei I team auto-organizzati: ad esempio quelli per lo sviluppo del software open source (ne abbiamo già accennato nel post La trappola di Tom Sawyer), che sono composti sia da professionisti, sia da utenti del software sia da altri volontari e scelgono questa modalità di lavoro e si aggregano spontaneamente secondo l’interesse. Questi team sono quasi interamente virtuali in quanto gli sviluppatori contribuiscono all’obiettivo da tutto il mondo, difficilmente si incontrano fisicamente (solo, ad esempio, in occasioni di importanti fiere ed eventi di settore) e coordinano le loro attività principalmente attraverso comunicazioni via computer.

La presa di decisione

Il processo decisionale di un gruppo implica un contributo più o meno ampio da parte dei membri del team di lavoro: vi sono diversi stili di presa di decisione, che possono variare dallo stile più autocratico in cui una decisione viene presa da uno o pochi individui, a uno stile veramente collaborativo in cui ogni membro ha l'opportunità di influenzare la decisione. Lo stile collaborativo, come hanno dimostrato alcune ricerche, oltre che l’esperienza empirica sul campo, contiene la più alta densità d’iniziative (decisioni in particolare) per il mantenimento del gruppo: questo per la partecipazione di tutto il gruppo nel suo insieme. Poiché la manutenzione di gruppo è un modo per i partecipanti di garantire il senso di coesione, nei team in cui tutti i membri partecipano ad una decisione, possono attivare i comportamenti di collaborazione in misura maggiore rispetto a quando il processo decisionale è meno inclusivo e così “sentire” che il loro gruppo è più coeso e quindi metterlo in atto. Un comportamento che dimostra familiarità e vicinanza, è stato osservato essere il comportamento più pervasivo anche nei team virtuali per il mantenimento del gruppo, sia che si usi uno stile decisionale o l’altro (autocratico o democratico). Questo indica che i membri del gruppo provano un senso di cameratismo con gli altri membri del gruppo, e ancora di più quando una decisione consente l'input di tutti i partecipanti. Nelle discussioni relative ad aspetti strettamente legati al lavoro da svolgere e non il funzionamento del team, i membri sentono meno il bisogno di comunicare le emozioni umane.

Lo scambio emotivo

È però evidente, oltre che dimostrato, che le comunicazioni via computer attivino livelli inferiori di comunicazioni emotive in senso positivo, e dunque i membri di questi team sperimentano anche livelli inferiori di impegno emotivo nei loro team. Il livello di attivazione emotiva positiva verso il team e i suoi membri se risulta basso vuol dire che il processo socio-emozionale, necessario per la coesione del gruppo, è poco sviluppato. Nei gruppi, sia reali sia virtuali, vi sono due principali processi psicologici che devono andare in parallelo al fine di permettere al team di evolvere, quello cognitivo, legato al compito e in più in generale al raggiungimento dell’obiettivo (la dimensione organizzativa) e quello relazionale, legato alla soddisfazione delle persone di trovarsi assieme e relativo alla dimensione psicosociale del gruppo. Se i team si preoccupano solo del primo processo e non curano anche il secondo, rischiano di avere un livello emotivo attivato in modo poco soddisfacente: la virtualità appunto non facilita questo processo, per cui si potrebbero avere team con i membri dispersi ai quattro capi del mondo che sviluppano una coesione legata solo all’obiettivo e che al primo grosso intoppo si sfalda… Ma anche gruppi con membri che si conoscono poco o per niente, come quelli dello sviluppo open source, possono creare una forte coesione: la libertà di espressione, in quanto team non gerarchici e auto-organizzati, in cui emerge la leadership necessaria al compito del momento, sembrano permettere più comportamenti positivi di vicinanza piuttosto che comportamenti di cortesia espressi con evasività o verbosità formale, anche se mediati dal pc.  

Fiducia

Il terzo elemento che vogliamo portare in questo racconto dei team di lavoro e il loro funzionamento è quello della fiducia: nella costituzione di un team è all’inizio basata sulla convenienza dei singoli membri e sulle aspettative di ognuno. Successivamente la relazione tra i membri del gruppo diventa interdipendente, e per farsi che evolva la fiducia all’interno del team, deve basarsi su un maggior grado di condivisione. Si arriva così ad una relazione tra membri che permette lo scambio emotivo, che non si gioca solo sul razionale e che rafforza l’interdipendenza. Porre fiducia negli altri, superare i “chissà come lavoreranno questi…; chissà che spocchia quelli lì, dalla sede centrale pensano sempre di sapere tutto loro…” (sono solo esempi inventati ma realistici non in termini di contenuti ma di coloritura emotiva dei pensieri legati alle aspettative), vuol dire prendere un rischio e la disponibilità ad assumere rischi dipende dalla disponibilità personale ad accordare fiducia. Si crea un capitale sociale, all’interno del team, che si incrementa con l’uso, come ci ha insegnato Fukuyama, riferendosi al livello macro-sociale. I team che riesco in questo percorso, usano la fiducia per incrementare una vera coesione, non di facciata, che supera la convenienza. L’interdipendenza che si sviluppa nei team auto-organizzati, in cui non si può delegare responsabilità ad un capo e quindi psicologicamente scrollarsela di dosso, ed invece si deve, assieme agli altri, organizzare, decidere, progettare, è quella che parallelamente costruisce e consolida la fiducia nel team.

Conclusione

In molte aziende oggi, è comune avere team con membri situati in diverse posizioni geografiche, diversi fusi orari e diversi paesi. Questi team virtuali sono strategicamente importanti per le organizzazioni in quanto forme di adattamento in un mercato in continua evoluzione, che sviluppa ad esempio l'outsourcing globale. La tecnologia sviluppata negli anni a supporto del lavoro di team con membri dislocati in luoghi differenti e quindi che si incontrano solo virtualmente, supporta la collaborazione tra colleghi in modo sempre più valido. Inoltre, le persone nelle organizzazioni multinazionali o comunque di una certa dimensione e con sedi differenti ha, nel tempo, imparato a lavorare in team ed anche in più team parallelamente, come quelli nati per progetti specifici. Tutti questi elementi giocano a favore del funzionamento del lavoro a distanza dei team, ma non tutti i team attivano le condizioni psico-sociali per facilitare il raggiungimento degli obiettivi. Ci pare che i team auto-organizzati, per le loro caratteristiche, siano quelli che hanno tutte le premesse per sviluppare l’attenzione alle dimensioni psicosociali dei gruppi, in modo “naturale”, se così possiamo dire, ossia in modo non imposto o caldeggiato da leader esterni; la struttura organizzativa del team stesso spinge i membri ad occuparsi del funzionamento del team in modo non solo funzionale: si pensi a quelli che utilizzano la metodologia scrum (si vedano i nostri post Scrum: ovvero e Scrum vuol dire). A patto che fuori dal team si creino le condizioni perché questo possa lavorare in modo ottimale, essendo inserito in una cultura organizzativa facilitante, in un sistema sociotecnico equilibrato e con prassi di lavoro (ovvero, ritmi di lavoro, tempi di esecuzione, carichi informativi e di impegni) adeguate.  

 

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