So-stare nel cambiamento organizzativo. Un percorso formativo.

Come aiutare le persone che vivono le organizzazioni di questi tempi, sempre in evoluzione, con assetti stabili solo per brevi tratti, aziende inserite in ambienti turbolenti e incerti? Vi racconteremo la richiesta e lo “svolgimento” di un percorso formativo per un nostro cliente. Ci si può chiedere se sia necessario e/o opportuno per un’azienda promuovere attività di formazione sul cambiamento, un fenomeno che le persone vivono in diretta e che è sempre importante gestire al meglio… Non stiamo parlando della formazione che una volta era inserita nei piani di change management nei progetti a lungo termine delle imprese. Ci riferiamo ad una formazione che potrebbe apparire preventiva, ma che invece deve essere vista come parallela a quanto avviene in azienda, che crediamo utile per far confrontare le persone con le proprie esperienze di cambiamento e quelle che vive al lavoro e a cui non sempre si dà un senso compiuto.    

La richiesta del cliente:

Il nostro cliente è un gruppo aziendale di media dimensione per numero di persone ma con dati finanziari ed economici da grande impresa: in crescita da anni, si è trovata a svilupparsi in modo non tumultuoso ma sicuramente con spinte rapide e a periodi, con nuovi assetti organizzativi e quindi ad avere non solo la necessità di ingrandirsi nelle strutture, nelle infrastrutture e ad integrare nuove persone e ruoli, ma anche a ripensarsi internamente, con spostamenti di persone, cambiamenti di ruoli e funzioni. La prospettiva che ci è stata presentata sia dal primo incontro azienda consulenti è stata quella della permanenza dell’evoluzione aziendale: le persone devono considerare come una consuetudine quella che l’impresa “rimescoli” (non ci si immagini, ovviamente, qualcosa di drastico…) le carte dell’organizzazione quando necessario, in considerazione del mercato, della sua evoluzione, della sua crescita, delle sue necessità gestionali. La percezione delle persone che vi sia una stabilità implicita che pare diventare un bozzolo che li avviluppa è quanto la direzione HR vuole far superare e rivedere alle persone. E ci propone la sfida di fare una formazione diversa, senza comportamenti organizzativi o gestionali definiti, ruoli descritti da far acquisire, skill da sviluppare, ma sensibilità da attivare, percezioni da rielaborare, riflessioni da sviluppare. 

L’approccio adottato.

Un punto da cui siamo partiti per pensare alla costruzione di una formazione sul cambiamento non personale, non solo almeno, ma in rapporto con quello organizzativo, è stato il punto fermo della sicurezza psicologica: per sapere diffusamente cosa intendiamo con questo costrutto (vedi post). La sicurezza psicologica che si sviluppa in un’organizzazione è basata sul vissuto di inclusione, di poter apprendere, di avere la possibilità di affrontare delle sfide e di poter contribuire. Tutti elementi che ci parevano, per quanto conoscevamo quell’impresa, garantiti e che potevano portare ad una diffusa cultura dell’innovazione, cosa su cui l’azienda puntava. Ma il possibile vissuto delle persone di doversi adeguare a cambiamenti abbastanza frequenti, rendono necessario che questi fattori si consolidino. Queste riflessioni ci hanno portato a pensare ad un approccio che tenesse insieme non solo il cambiamento personale e quello organizzativo ma anche che facesse contribuire le persone, che le portasse ad affrontare delle sfide, oltre che ad apprendere e a dare il senso dell’inclusione, ovviamente nei limiti della formazione (vincolo del tempo limitato, quello della durata totale e quello della distribuzione nel tempo). Nell’alveo della formazione degli adulti e dell’approccio delle metodologie e delle tecniche attive. 

L’intervento formativo.

Dopo l’analisi dei bisogni che è stata discussa con la committenza, abbiamo elaborato una proposta di progettazione formativa che tenesse conto sia degli output richiesti dal cliente sia degli elementi raccolti sia delle premesse concettuali prima presentate. Sintetizziamo per punti quello che è stato fatto ed è emerso nel corso dell’attività formativa. Intanto la popolazione, ossia tutti gli impiegati delle sedi centrali del gruppo aziendale, distribuiti nelle diverse edizioni del corso; la durata, incontri mensili e un incontro di follow up, distribuiti nell’arco di cinque mesi; i contenitori concettuali che orientavano lo svolgimento formativo (cambiamento personale, azienda in cambiamento, innovazione, visione sistemica) e che sono stati poi “ri-visssuti” nel follow up finale; gli aspetti psicosociali che, parallelamente, si facevano vivere (l’auto consapevolezza del cambiamento personale, la percezione del cambiamento aziendale, il rapporto tra innovazione e la propria competenza, il rapporto tra la propria visione e la complessità organizzativa). Dobbiamo inoltre aggiungere che abbiamo sviluppato un impianto formativo che ha caratterizzato ogni incontro (tranne il follow up), creato ad hoc per questo corso, che teneva insieme dimensione personale, dimensione di gruppo e organizzativa. Per far cogliere lo “spirito” dell’azione formativa, accenniamo alle attività svolte, usate come contenuti di sperimentazione, sempre su un piano metaforico: la musica classica con un pianista e i suoi racconti musicali sull’innovazione, un’attività esperienziale indoor di sfida per sé stessi e per il gruppo, un film che racconta il vissuto del cambiamento tecnologico e il successivo rispecchiamento su di sé e sulla propria realtà, un’attività esercitativa a più step che ha rappresentato la complessità dei sistemi viventi ed anche attività con carte e una chiusura con un puzzle da disegnare e da comporre. Il cambiamento personale è stato affrontato usando il modello di CambiarParadigma (vedi post), che partendo dall’accettazione di sé stessi, attiva il dialogo con le nostre parti interne, cogliendo i veri desideri e autorizzandosi a cambiare: la formula Consapevolezza, Desiderio, Autorizzazione, quello che noi di CambiarParadigma chiamiamo simpaticamente CDA.

 I risultati dell’iniziativa.

E’ difficile dare il senso del percorso svolto, in quanto, per il tipo di iniziativa formativa, principalmente insito nelle persone che vi hanno partecipato ed è questa la parte più importante tra i diversi risultati; possiamo invece dare il senso che hanno colto i consulenti: un percorso che ha permesso alle persone di aprirsi e raccontarsi nel loro rapporto con il cambiamento, nei suoi diversi aspetti (difficoltà, successi, solitudine,…);  confrontarsi con i colleghi sul cambiamento continuo organizzativo e sulla complessità, sulle diverse “sfumature” dei sistemi complessi e evolutivi; rapportarsi con l’innovazione come metafora dei confini della propria competenza e come spinta organizzativa

 Ciò è anche rappresentato dai commenti scritti dei partecipanti, nei questionari di fine corso che l’azienda ha proposto ai partecipanti a distanza di alcune settimane dal follow up, per mezzo di un questionario standard che l’impresa utilizza di solito: nel generale apprezzamento, si colgono più basse le valutazioni legate ai contenuti del corso. Aspetto che deve essere considerato non come un problema ma come la rappresentazione che il senso non stava nei contenuti e che alcune persone, di fronte ad una categoria standard, hanno segnalato che non si ritrovavano: come hanno indicato nei commenti, il corso va nella direzione dell’apertura mentale e di quella di una riflessione personale sul cambiamento personale e organizzativo. 

Tra quanto espresso a voce nel follow up, emerge che è più facile accettare il cambiamento evolutivo aziendale, se porta una crescita anche personale, e che i partecipanti possono capirlo meglio: il timore iniziale scema e si possono intravedere opportunità positive; che il cambiamento non va confuso con la fatica a lasciare abitudini a fronte della flessibilità e dell’adattamento che esso richiede. Ma anche che se tutti fanno la loro parte tutto è più agevolato. Hanno acquisito la consapevolezza che il cambiamento è necessario per l’evoluzione aziendale, ma resta il fatto che comunque serve tempo per metabolizzarlo. Un’iniziativa di questo genere raccoglie i frutti a distanza di tempo, nelle prassi quotidiane delle persone che vi hanno partecipato e questo è un aspetto che il cliente ha sempre considerato come implicito.  

Per concludere, ma lasciando aperte le riflessioni (e sperando che sia ugualmente per voi), all’inizio di questo testo abbiamo posto il dubbio se sia opportuno promuovere attività di formazione sul cambiamento senza un progetto di change avviato ed oggi abbiamo una risposta affermativa, a valle dell’esperienza fatta: sì, serve a dare risorse alle persone per crescere e per affrontare l’evoluzione della propria organizzazione, per cogliere non solo il senso proposto dall’impresa ma anche contestualizzarlo nel tempo che viviamo. Vi pare poco?

 

Immagine di pressfoto  su FreepikI