L’imprenditore e l’antifragilità: una “conseguenza” dell’accompagnamento

Accompagnare le imprese nel cambiamento, per quanto riguarda, in particolare, la media e piccola impresa italiana, qualsiasi obiettivo evolutivo sia dichiarato inizialmente, per noi significa non solo aiutare l’organizzazione ma anche l’imprenditore: aiutarlo ad essere il punto di riferimento del cambiamento, ciò può apparire ovvio; spesso è lui il creatore dell’azienda o colui che l’ha condotta, in altre fasi, a trovare un posizionamento favorevole sul mercato. Ma quello che non è sempre palese è che lui è, anche, il possibile freno ad un cambio di passo, verso un cambiamento continuo dell’impresa: una evoluzione che non sia un mero adattamento di prodotto o servizio o un allargarsi ad un mercato nuovo, ma una trasformazione della concezione dell’innovazione. L’imprenditore in questo gioca un ruolo centrale e come abbiamo raccontato nei due post precedenti, sono le sue qualità personali che danno l’imprinting all’azienda. 

Una trasformazione profonda richiede qualcosa di più, ossia la messa in discussione dello status quo e l’imprenditore è l’unico che può favorire questo cambiamento nel profondo dell’azienda. In questo post daremo continuità ai testi precedenti, raccontando il proseguo del lavoro svolto con l’imprenditore che abbiamo accompagnato e quanto è, poi, emerso, in modo non previsto, dal lavoro sulla trasformazione digitale e, soprattutto, sulla consapevolezza del titolare sul suo approccio al cambiamento. 

Il follow up con l’imprenditore

Se si ha l’opportunità di affiancare un imprenditore, come capita a noi di CambiarParadigma.net, per supportarlo nell’evoluzione del suo approccio all’innovazione e, quindi, per noi, quello dell’impresa, allora bisogna utilizzare ogni momento e ogni spunto per creare le condizioni per la riflessione non solo sul tema specifico (la trasformazione digitale nel caso che ci fa da riferimento), ma anche sulla visione dell’impresa verso il mercato. Nel caso che raccontiamo, siamo ad un incontro di follow up con l’imprenditore che abbiamo seguito (post di riferimento), utilizzando il nostro modello, chiamato sinteticamente CDAE (quattro fasi, la consapevolezza, l’autorizzazione, il desiderio e l’elaborazione). 

A questo incontro, pianificato per fare il punto sul consolidamento della nuova visione del cambiamento e la sua ricaduta in azienda, emerge una considerazione dell’imprenditore sulla capacità della sua azienda di stare sul mercato e affrontare le sfide differenti che si presentano (si pensi non solo all’andamento economico, come inflazione, stagflazione, … ma anche a quelle sociali, come la pandemia o le guerre). Il percorso svolto aveva aiutato il proprietario dell’impresa a definire al meglio il processo di trasformazione della propria azienda, comprensivo di piano di azione e definizione dei comportamenti da tenere da parte dell’imprenditore verso i collaboratori e viceversa. 

Nell’incontro a distanza di tempo, il protagonista di questa storia si chiede se la sua impresa sia abbastanza resiliente per affrontare la trasformazione digitale e le sfide successive che si affacciano (la scarsa crescita economica del paese, l’intelligenza artificiale, etc…). Come nostra consuetudine, partiamo da queste riflessioni espresse per favorire il consolidamento del cambiamento trasformativo: partendo da qui, lo abbiamo supportato ad acquisire una visione differente, che implichi uno sguardo oltre la resilienza, verso una concezione di organizzazione che evolva effettivamente. Come indicato in un nostro post, la resilienza indica (come dimostra l’etimologia della parola latina “resalio”, da salio, ossia il risalire sulla barca capovolta) un resistere alle situazioni, rimettersi in piedi, con il rischio di non apprendere da quanto avvenuto, di non capitalizzare l’esperienza e non evolvere. 

Le ricerche internazionali ed italiane sulle imprese indicano che vi sono imprese fragili ai cambiamenti, in quanto hanno bassa reazione a quanto avviene all’esterno e all’interno, altre definibile come robuste, molto reattive ma senza capacità di anticipazione, altre resilienti, che si preparano innovando solo i prodotti o i servizi ed infine quelle antifragili che invece anticipano il mercato, innovano i prodotti/ servizi ed attivano e sviluppano il processo interno di innovazione continua. Il percorso con l’imprenditore è stato, appunto, prima di supporto all’evoluzione della sua rappresentazione di innovazione e poi a quella di rappresentazione della capacità di risposta della sua azienda ai cambiamenti di mercato e sociopolitici. 

L’antifragilità va al di là della resilienza e della robustezza, le organizzazioni devono evolvere, non solo resistere agli shock, rimanendo successivamente identiche a sé stesse. Il cambio di paradgima che si è palesato, alla fine di questa nuova parte di viaggio, quando l’imprenditore ci ha presentato le sue idee su come attivare un percorso che portasse all’aumento del livello di anti-fragilità dell’organizzazione, disegnando, con i collaboratori, un processo di innovazione continua. Un nuovo itinerario dell’impresa allora è iniziato e non sarà circolare ma aperto o almeno vi sono le premesse che lo sia.

 

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