Ofelè fa el to mesté! Specializzazione o generalismo nelle organizzazioni odierne?

Pasticciere fa il tuo mestiere! Recita un vecchio ed ironico detto milanese, ancora usato e in questi anni spesso richiamato riferendosi a chi, parrebbe, si improvvisi esperto oppure cerca di fare ciò che non è in grado di fare; o “dedicato” a chi, magari, con una certa saccenteria, parla di problematiche che non conosce: i tanti esempi vengono in mente a tutti noi! Ofelè sembrerebbe derivare da offella, diminutivo (piccola focaccia, pasticcetto) di Offa, che ha origini dal greco antico (optòs, cotto oppure òpson, companatico) e che era per gli antichi romani la pasta offerta dagli auguri ai polli sacri; nei secoli successivi diventa la focaccia, citata ad esempio dal Bembo, fino a diventare i biscotti ofelle, tipici di una zona della Lombardia. Ci interessa qui però il concetto in termini di competenza: al di là della buona norma, che, se non si è esperti di un argomento, è meglio astenersi dall’intervenire ed avere l’umiltà di dare spazio a chi è veramente esperto, questo tema ci sembra interessante. In particolare, nelle organizzazioni identificabili come Teal, qual è il limite della specificità di ruolo e quale quello del ruolo generalista? È meglio avere ruoli specialistici o generalisti? Tema sempre dibattuto nelle discussioni sulle strutture organizzative, cosa è meglio nelle organizzazioni mutevoli di oggi? Proviamo a ragionarci.  

Generalisti o specializzati?

Questa è una delle domande che si sono posti spesso i professionisti, come ad esempio avvocati o si pongono chi partecipa al dibattito sulla definizione di una figura professionale, perché nuova o perché finora non è regolamentata, si pensi all’educatore professionale. All’interno delle organizzazioni, vi sono stati corsi e ricorsi storici, ossia si è passati dall’idea di concepire e disdegnare ruoli specialistici e poi, in altri periodi, ruoli più generalisti. Si pone, dunque, una questione di dosaggio tra il rischio della iperspecializzazione, che incardina un ruolo a delle attività molto circoscritte e il rischio della genericità, che può produrre un ruolo “largo” ma anche poco professionalizzante. Ogni organizzazione “regola” processi e ruoli secondo le esigenze interne ed esterne, secondo le necessità di quel periodo e il modello organizzativo che si adotta. Ma cosa vuol dire avere ruoli tendenti alla specializzazione?

La specializzazione ha le sue radici nella rivoluzione industriale, il cui modello di efficienza è stato quello di affidare ad ogni persona, in maniera esclusiva, un compito specifico: il ruolo era concepito come un ingranaggio del sistema e si ricopriva un ruolo in modo fisso, per sempre. Le organizzazioni sono poi evolute, alcune adattando operativamente l’organizzazione alle esigenze del momento, ma non modificando il modello culturale dell’era industriale che hanno alla base; altre invece hanno intrapreso percorsi organizzativi diversi, adottando una cultura d’impresa differente, come le aziende definibili come Teal (vedi post Cosa vuol dire essere un’organizzazione agile). L’era industriale è stata caratterizzata dalla costruzione di percorsi ben definiti, modelli organizzativi che variavano poco, organigrammi verticali e multi-livelli, percorsi professionali lineari e ben definiti: nel tempo hanno visto il passaggio da una concezione per mansioni a quella per ruoli, con una minore prescrizione delle attività. In alcuni casi si sono progettati processi che prevedevano ruoli generalisti, ad esempio in contatto con il cliente, piuttosto che specializzati su aree specifiche (es. tipologia di prodotto, tipologia di utenza, …).

Ovviamente, almeno in Italia, vi sono ancora aziende medio-piccole che non hanno mai disegnato processi, ruoli, che affidano le attività alle persone secondo l’urgenza del momento (che rimangono poi “appiccicate” alle persone per anni o per sempre), per cui si trovano dipendenti che svolgono attività disparate senza un criterio: una versione generalista, che potremmo definire inconsapevole.

I ruoli generalisti, che non vanno considerati dei "tuttofare", in quanto in organizzazioni strutturate, hanno comunque uno spazio d’intervento limitato (in un’area all’interno di una funzione, ad esempio), sono ruoli che un ampio raggio d’azione, in quanto l’ambito dei compiti assegnati sono vari e, relativamente, ampi. Nel caso appunto di assistenza alla clientela, potrebbe vuol dire dovere affrontare tutte le tipologie di clienti (es. business, family, …) o tulle le tipologie di prodotti.  

Al contrario i ruoli specialisti sono, invece, ruoli che permettono l’approfondimento, anche in termini di crescita professionale, in un campo specifico nell’ambito della funzione aziendale di riferimento. É un approccio verticale che guida il ruolo, che pur dovendo avere conoscenze generali sulla macroarea in cui lavora, richiede ai suoi interpreti di andare in profondità nelle conoscenze professionali, principalmente. I ruoli generalisti invece si possono definire ruoli orizzontali, sempre relativamente all’area in cui si opera, in cui le persone sviluppano conoscenze più trasversali rispetto agli oggetti di lavoro (informazioni, prodotti, clientela ,…).

Vantaggi o svantaggi di uno e dell’altro  

Tra i vantaggi del ruolo generalista c’è il coprire più attività di processo, permettendo alle persone di passare, nel tempo, da una all’altra in modo agevole: si determina così, con la progettazione organizzativa, una visione del ruolo versatile e dinamico; vuol dire preparare le persone, che poi lo interpretano, allo sviluppo di una maggiore propensione alla polivalenza. Questa versatilità indica anche la necessità di una gestione manageriale che aiuti le persone a non perdere di vista le priorità, che fornisca sempre senso e direzione, che supporti l’autonomia di lavoro del collaboratore attraverso informazioni e indicazioni ed, eventualmente, il supporto alla sua capacità organizzativa.  

Il ruolo specialistico invece richiede, implicitamente, alle persone di arrivare a un grado di dettaglio nettamente superiore sull’attività che si svolge, sviluppando quindi una conoscenza molto approfondita dell’ambito in cui lavora, oltre ad un problem solving tecnico molto evoluto, che può risolvere problemi complessi in un ambito definito. Ciò porta però ad avere persone che, in caso di cambiamenti organizzativi, soffriranno per l’eventuale cambiamento di ruolo, e che potrebbero anche risentire delle differenti variazioni interne, sia che siano transitorie sia che siano consolidate.  

E nei team?

Le organizzazioni che abbiamo definito Teal, che si ispirano alla Agilty e a modelli di organizzazione e gestione individuabili nella concezione Open, sono tendenzialmente non gerarchiche, predispongono i loro assetti e le loro attività per rispondere ai bisogni dei clienti, strutturandosi (in parte o totalmente) per team, magari secondo un modello a rete, che può coinvolgere anche organizzazioni esterne (fornitori, partner, …). Queste aziende che hanno modelli culturali molto differenti da quelle basate sul comando e controllo, che ruoli costruiscono, specialistici o generalisti?

Ovviamente, non esiste una risposta unica, bisogna guardare ai contesti. In questa parte del post ragioneremo esclusivamente sui team, inseriti in organizzazioni aperte e a rete. Aziende che in genere si strutturano in team, spesso auto-organizzati (si veda il post S.C.R.U.M. vuole dire Squadre Costruite per essere Responsabili Uniche Mature ), tendono ad avere team interfunzionali, che assommano tutte le competenze necessarie per arrivare a costruire il prodotto o erogare il servizio per il cliente. Bisogna quindi considerare il progetto e gli obiettivi assegnati, l’ampiezza del team e le necessità derivanti, il contesto organizzativo in cui il team è inserito, per decidere se avere ruoli specialistici piuttosto che generalisti.

Nelle start up è più probabile, vista la poca strutturazione organizzativa e la cultura fortemente improntata all’innovazione, che vi sia la scelta di avere ruoli generalisti, che siano multi-attività e anche multi-funzione: nel tempo dall’orizzontalità di base si passerà poi all’introduzione della verticalità specialistica, di pari passo con il successo del progetto natale e l’allargamento della compagine. Invece i team, creati ispirandosi all’agilty, in aziende grandi con una cultura più tradizionale, è più probabile che siano previsti ruoli specialistici più che generalisti. Una risposta generale potrebbe essere quella di prevedere ruoli sia specialistici sia generalisti, al fine di coprire sia attività complesse ma specialistiche con ruoli verticali, sia attività trasversali con ruoli orizzontali: questi ultimi possono essere interpretati da persone che sono coinvolte anche in altri progetti (e team) aziendali.

Per concludere e guardare al futuro, anche vicino, i ruoli specializzati potrebbero essere rivoluzionati dall’applicazione dell’automazione industriale e/o dell’intelligenza artificiale, per cui la specializzazione sarà applicata solo negli ambiti in cui il fattore umano è e sarà ancora indispensabile. Per i ruoli generalisti, soprattutto in alcuni ambiti, la trasformazione digitale potrebbe incidere facendoli evolvere in qualcosa di diverso oppure relegandoli solo all’area gestionale e non alla line, se non per ruoli che richiedano competenze interdisciplinari, in mano a persone capaci di affrontare la complessità e/o l’astrazione. In entrambi i casi, ci piace pensare che il ridisegno organizzativo, che dovrà considerare l’apporto della tecnologia e/o dele funzioni digitali, incrocerà sempre la domanda: ruolo generalista o specialistico?  

 

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