L’organizzazione come intelligenza collettiva

Le organizzazioni non sempre prendono le decisioni migliori, non sempre combinano in modo ottimale il cosa fare con a chi farlo fare ed anche, in alcuni casi, assieme a chi: non è difatti raro che le aziende, gremite di intelligenze individuali diano prova di una visione distorta. Abbiamo tutti in mente le banche d’investimento che perdono miliardi o altri esempi eclatanti. Nelle prassi quotidiane che vediamo nelle aziende, vi sono errori più o meno gravi, che causano danni, non solo al portafoglio ma anche al capitale sociale dell’organizzazione. Quando ci raccontano di alcune decisioni prese o di alcune scelte fatte nelle aziende, ci sembra che sia mancata una visione più ampia non solo del problema ma anche delle dinamiche del funzionamento organizzativo. Una volta si raccontava la storiella dell'ubriaco che sa d'aver perduto l'orologio nel vialetto del giardino ma lo cerca in casa perché c'è più luce; potremmo, metaforicamente, dire che alcune volte le organizzazioni non solo non prendono in considerazione il vialetto ma organizzano anche una bella caccia al tesoro tra tutti gli abitanti della casa, alla ricerca dell’orologio!

 

L’intelligenza collettiva organizzativa

L’intelligenza collettiva (IC), sempre esistita ma poco “vista”, oggi assume forma nell’ibridazione tra cervelli e computer, ossia dalla combinazione delle capacità umane e di quelle che alcuni chiamano “macchiniche”. I recenti esempi riusciti di intelligenza collettiva sono da interpretare come assemblaggio di molteplici elementi … si pensi alla creazione del World Wide Web oppure a Google Maps, con la sua rete di più società coinvolte ma anche di utenti, che ha trasformato un prodotto / servizio in un’aggregazione di molti fattori. Le organizzazioni funzionano bene quando investono risorse per collegare le capacità umane e le infrastrutture (ovviamente efficienti), utilizzando metodi sistematici che permettano l’apprendimento organizzativo a tutti i suoi livelli o cicli (come hanno insegnato Argyirs e Schon), in connessione con l’ambiente esterno e la sua evoluzione. Ma è essenziale che vi sia un’”infrastruttura” sociale che permetta lo scambio e il confronto vero, che faciliti le reti di relazione, che faccia condividere le proposte e le soluzioni in modo aperto, grazie alle tecnologie e agli strumenti organizzativi.

Si è detto alla nascita di ogni novità nelle aziende, non sarà più come prima! oppure era meglio prima! secondo la percezione delle persone, i pro e i contro: oggi la sfida è far si che le persone abbiano la sensazione di essere parte di una rete funzionale ibrida, non solo di un’organizzazione, in cui il macchinico sia non più l’innovazione con la I maiuscola (da accettare o meno) ma il compagno di strada, al pari di colleghi, capi e delle altre risorse interne ed esterne.  

 

Epilogo

La co-evoluzione di un sistema, come un’azienda, non permette di rilassarsi !  L’intelligenza artificiale (AI), i big data e le produzioni in ottica 4.0 sono risorse per l’intelligenza collettiva, indispensabili per l’impresa e per qualunque organizzazione: tanto quanto la gestione dell’ansia delle persone, che il cambiamento attuale genera. Nelle aziende in cui si scambia la fretta per dinamismo, in cui essere smart è “cool”, vi é la rincorsa al nuovo come risposta all’ansia, che però così si genera ancor maggiormente; se poi vi si abbina la competizione interna, cultura premiata e premiante di molte imprese, che determina nelle persone non solo adrenalina ma anche individualismo, si vanificando gli sforzi per creare una vera rete di intelligenze. L’intelligenza collettiva (IC) ha bisogno di essere gestita per diventare quella forma di collaborazione tra persone, dati e strumenti, che, grazie a regole condivise e definite, fa fare un passo in avanti all’organizzazione. Se l’impresa sta iniziando ad  investire in tecnologia per la produzione o per i servizi può, pensando in ottica IC, chiedersi in quale cultura aziendale la sta integrando e, di conseguenza, decidere come mettere a fuoco il lato in ombra del cambiamento tecnologico: avviare la partecipazione diffusa delle persone e la co-progettazione della loro organizzazione. Se l’azienda invece ha già avviato il cammino ed ha bisogno di capire cosa sta avvenendo, può avviare un progetto per coinvolgere le persone non solo per portarle con se, ma anche per fargli integrare le tecnologie nelle prassi quotidiane.  

In ogni caso costruire e partecipare a qualcosa permette alle persone di dare un senso a quello che vive e governare l’ansia che il cambiamento origina.