Un decalogo di attenzioni! Riflessioni per facilitare il proprio (e l’altrui) benessere al lavoro

Ecco il secondo post sulle attenzioni che noi pensiamo sia necessario avere per garantirsi il benessere proprio, innanzitutto, ma anche generare, con le proprie azioni, il benessere lavorativo.

Ecco, dunque le cinque attenzioni relative al rapporto tra la persona e gli altri (capi, colleghi, clienti, fornitori, se ci riferiamo al contesto lavorativo …) e al rapporto con il lavoro.

6)     Costruisci connessione con l’altro/a

Ponendo domande di reale interesse per colui che le fa, si contribuisce a costruire la connessione con l’altro, effettiva, vera e piena. Porre una domanda reale al proprio cliente o al collega che lavora su altro oppure al fornitore, ci “costringe” a creare un dialogo, basato sulla connessione con l’altro. Ponendo una domanda non di routine, non prescritta o basata sul nostro interesse lavorativo (come, ad esempio, quello che impatta sul nostro processo di lavoro), creiamo questo vero dialogo con l’altro e possiamo cambiare la nostra opinione sull’altro, superare il pre-giudizio che abbiamo (ad esempio, il cliente vuole risparmiare…). Ci costringe allora a chiederci…

7)     Chiediti chi è l’altro/a

Ma anche, perché è qui con me? cosa conta per lui/lei? Sono domande che rafforzano il dialogo che stiamo costruendo, che ci permettono di cogliere la sua storia, non per un motivo solo di conoscenza, ma di comprensione appunto. Quale senso ha per lui questo scambio professionale, perché è qui con me, cosa conta per lui. Ci evita di dare per scontata la conoscenza dell’altro, anche se è un collega con cui si lavora da molto tempo. Oppure è un collaboratore e in questo caso, un capo potrebbe chiedersi di un collaboratore: So effettivamente come si sente nel suo ruolo? Cosa gli piace di più e cosa di meno del suo lavoro in questo momento? Qual è la cosa che potrebbe rendere il tuo lavoro più soddisfacente, e perché? Su quali aree vorrebbe ricevere più feedback? In che modo si sente sostenuto, o non sostenuto, da me?

8)     Pensa, prevedi e rifletti

Pensare prima di agire, prevedere cosa ci si aspetta e poi riflettere su ciò che è avvenuto. Tre azioni in sequenza che ci aiutano a notare come agiamo e scoprire quali dimensioni hanno influito nelle situazioni che si sono svolte in modo differente da come le avevamo previste. Non dobbiamo solo pianificare o, all’opposto, vivere “alla giornata”, ma vivere la giornata senza essere imbrigliati dalla pianificazione ed anche imparando nel tempo a gestire al meglio le situazioni, per stare meglio. Per prevedere cosa ci aspettiamo, possiamo usare la tecnica del se…, imparando a far emergere cosa ci si aspetta dalla situazione. In seguito si confronterà cosa ci si aspettava con ciò che è avvenuto.       

9)     Lavora, agisci e tieniti in contatto con il cliente

Svolgere qualunque attività lavorativa vuol dire fare qualcosa per un cliente (esterno oppure interno ossia un collega; per il cliente finale oppure per uno indiretto, ossia per qualcuno che poi sarà in relazione con il cliente finale). Il valore del nostro lavoro è quello che facciamo per il cliente e come agiamo per lui e per questo che cresce il risultato del nostro lavoro. Collegarsi al cliente ci permette di fare in concreto fatti, che ci dicono sia come agiamo e sia ci danno il senso o meno del lavoro che svolgiamo. Distaccarsi dal senso del nostro lavoro ci allontana dal benessere lavorativo; se possibile, tenere il contatto con il proprio cliente permette di garantirci senso, consenso ed energia positiva. Si dice che “l’azienda paga un prezzo, ma compra un valore”. Pensiamo alla relazione tra un dipendente amministrativo e la ditta fornitrice delle macchinette del caffè. Data per scontata la qualità del prodotto il dipendente normalmente paga la fattura perché va pagato il servizio offerto, regolato da un contratto, ma perché non provare a entrare nell’ottica di pagarla pensando non solo al vincolo contrattuale, ma al suo valore, ovvero alla pausa rigenerante che ha consentito ai dipendenti?

10)   Dai la tua visione

Dai la tua visione personale nei momenti importanti e non la tua opinione, come ad esempio durante una riunione importante: l’opinione è qualcosa di cui si pensa razionalmente ed è un modo, a volte, per fuggire dalle situazioni o per difendersi da esse. L’opinione mostra come noi pensiamo sia la faccenda di cui stiamo parlando. Invece la visione personale è qualcosa che guida gli altri e che li “contagia” nell’esprimersi anch’essi e a mostrarsi, senza nascondersi appunto dietro l’opinione. La visione personale è come affronteresti il problema o la situazione di cui si discute, secondo quanto hai assimilato e imparato nel tempo. Un esempio che può chiarire quanto abbiamo scritto: durante una riunione con i colleghi, in cui si sta discutendo di come fornire in breve tempo dei dati chiesti dall’A.D. e dal capo, un’opinione può essere “abbiamo sempre fatto così”: questa frase chiude le porte a qualsiasi confronto e soprattutto al miglioramento. Un vero pericolo. Oppure “non ce la faremo mai!: predisporsi di fronte alle cose dicendo che è difficile, di sicuro renderà quella cosa ancora più difficile. Alimentare l’ansia sul lavoro in generale o su questioni di ordine pratico, sminuisce le risorse a nostra disposizione e rallenta il processo. Invece la visione potrebbe essere la possibilità di provarci: “pensiamo a come organizzarci per il futuro” (permettendo così di trovare soluzioni per l’immediato ma anche durevoli).    

Vi abbiamo presentato, nei due post, le 10 attenzione che noi pensiamo sia necessario avere sul lavoro (ma non solo…) per stare bene con sé stessi, con gli altri e con il proprio lavoro. Speriamo che vi possano aiutare, come avviene per molte persone, a non sovraccaricarsi di pensieri, emozioni e tensioni negative.

 

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