TUTTI VOGLION FARE JAZZ… LE PRATICHE ORGANIZZATIVE ISPIRATE ALL’ARTE IMPERFETTA

Avete mai ascoltato l’arte imperfetta? Prendendo a prestito il titolo di uno storico studio sul jazz, possiamo dire che questa tipologia di musica, in particolare nella sua forma d’improvvisazione più pura, la jam session, sia un’arte che coniuga livelli altissimi musicali con errori tecnici, il tutto dovendo garantire l’interplay (ossia la relazione efficace fra tutti gli strumenti impegnati per il risultato finale).

Prendendo in considerazione l’improvvisazione jazzistica come metafora per il mondo organizzativo, sono stati affrontati i temi del team (come garantire un’efficace interplay tra i membri?), la gestione dell’imprevisto (l’improvvisazione della jam session come esempio di gestione di qualcosa che non era atteso), l’apprendimento delle persone (come acquisizione di competenze per l’improvvisazione efficace), un tema, molto dibattuto negli ultimi anni, come quello dell’errore ed anche il tema della gestione manageriale (tra azione pensata, “progettata” e realizzazione organizzativa). E, ovviamente, tutti questi aspetti assieme. Affrontiamo, in questo primo post, i temi del lavoro di team, della gestione degli errori e degli imprevisti, della gestione manageriale orientata al futuro, come elementi, che guardando ed ispirandosi alla musica jazz, possono favorire l’apprendimento organizzativo. Nel secondo post invece il rapporto jazz e evoluzione organizzativa.

Interplay

La performance musicale in ambito jazzistico si basa sulla capacità di mescolare buona esecuzione degli standards ed improvvisazione, in equilibrio tra innovazione e tradizione, assieme alla capacità di creare armonie in gruppo. Nelle organizzazioni lavorare con gli altri vuol dire costruire assieme risultati comuni, senza cancellare l’unicità delle persone. È spesso, però, difficile che le persone siano veramente “affiatate”, che arrivino a costruire qualcosa in sintonia piena, in situazioni organizzative sempre più condizionate da variazioni, imprevisti, etc.... La capacità di far fronte all’inaspettato è sempre più richiesta soprattutto se le soluzioni trovate a valle del problema sono, non solo efficaci, ma anche in linea con le indicazioni organizzative.

Nella storia del jazz, si è arrivati, ad un certo punto, ad uno stile più espressivo, libero e ricco di sfumature, che abbandonava vecchi cliché, verso una estemporaneità simultanea giocata sulla capacità di ascolto e di interazione fra gli strumenti e, soprattutto, tra i musicisti. Questo è appunto l’interplay, che i jazzisti dicono di sentire o meno quando suonano preparandosi per una jam session (magari con musicisti con cui non hanno mai suonato) o sono sul palco. Quando riesce l’interplay, è come un dialogare con i colleghi, uno scambio dare e ricevere, basato sulla fiducia reciproca. 

Imprevisti ed errori.

L’improvvisazione, come abbiamo già accennato, è un misto di bellezza musicale e di passaggi a vuoto, di errori e di perfezioni. È una creazione e una esecuzione contemporanea, in particolare per il solista che sta “prendendosi” la scena. Non essendovi vincoli costrittivi, vi è la possibilità di improvvisare, ma anche di sbagliare e di dover allora affrontare degli imprevisti. La gestione dell’imprevisto è la gestione, appunto, di qualcosa di non prevedibile, in un contesto che vede creazione ed esecuzione da parte di musicisti fortemente competenti e preparati sul tema che fa da base al pezzo che si sta suonando. Miles Davis, un nome che non necessita di presentazioni, afferma, all’opposto di quanto stiamo scrivendo, che “nell'improvvisazione, non ci sono errori”. Tutto è creazione, al suo livello, almeno. Nel lavoro quotidiano delle organizzazioni odierne, l’imprevisto, così come l’errore, è in genere, ben gestito dalla persona esperta, che sia il manager, il quadro o l’impiegato, perché, analogamente ai jazzisti migliori, essi conoscono il contesto, il loro lavoro e possono intervenire per ovviare ad un imprevisto o ad un errore (proprio o altrui). 

L’improvvisazione nella gestione manageriale.

La gestione manageriale può essere intesa come un’attività che interviene tra azione pensata e “progettata” e la sua realizzazione nell’organizzazione, da parte dei collaboratori, il più delle volte. È per la sincronia tra queste due azioni temporali, progettazione e realizzazione, che si richiede l’improvvisazione del manager. Una gestione dell’imprevisto per far tornare la sincronia è l’aspetto che abbiamo prima visto, vi è però un altro aspetto: l’azione manageriale ispirata all’improvvisazione delle jam session come anticipazione del futuro. La jam session è come una continua negoziazione con gli altri componenti della jazz band e di rifinitura reciproca, a cui possiamo assistere in una riunione di board aziendale. Le esperienze passate e quelle attuali come basi per intuire il futuro e provare ad anticiparlo. L’improvvisazione manageriale, dunque, assicura sia la gestione degli imprevisti e degli errori, rispettando magari anche le scadenze, sia da garanzia di redditività nel continuo evolversi dell’organizzazione.

Abbiamo cercato di aggregare tre aspetti diversi della vita organizzativa, che possono alimentare l’apprendimento organizzativo, mettendosi a confronto con il mondo della musica jazz. In particolare, nell’evolvere delle aziende di oggi, che adottano modelli organizzativi per team, magari quelli auto-organizzati, sviluppare l’interplay può essere particolarmente importante. Oppure, se si vuole lavorare sull’errore e la sua gestione, per superare la blame culture che si manifesta in molte realtà, il confronto con l’improvvisazione jazzistica può aiutare a superare il concetto di errore. Ed anche l’abitudine dei jazzisti a pensare a cosa avviene tra poco, al futuro, può aiutare i manager a gestire la complessità organizzativa interna attuale. Questi tre elementi ora richiamati sono inseriti all’interno di una cornice più generale, che è l’evoluzione delle organizzazioni nell’ambito di mercato instabili e poco prevedibili. Anche in questo caso il jazz può aiutare, lo vedremo nel post successivo.  

Va da sé che questo testo è stato scritto ascoltando brani jazz, in particolare alcuni pezzi dal vivo di Michel Petrucciani… buon ascolto!

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