Un decalogo di attenzioni! Riflessioni per facilitare il proprio (e l’altrui) benessere al lavoro
Ci capita di soffermarci a riflettere su quali comportamenti e attenzioni ognuno di noi dovrebbe avere lavorando, per facilitare il lavoro organizzativo e il proprio benessere. Mettendo assieme l’esperienza maturata e le buone indicazioni che emergono da alcune letture (poche veramente interessanti…), abbiamo pensato di fare un decalogo delle attenzioni da avere per agire al meglio nelle azioni lavorative. Presenteremo, in due post consecutivi, questo e quello di settimana prossima, le dieci “attenzioni” da avere che sono idealmente suddivise in tre “ambiti”, indicati di seguito:
a) Io e il rapporto con il contesto
b) Io e l’altro
c) Io e il lavoro
Iniziamo in questo post, con le cinque attenzioni relative al rapporto persona e contesto di riferimento, avendo sempre come ottica quella lavorativa, ma, come vedrete, sono attenzioni che si possono utilizzare sempre, per ogni contesto (familiare, amicale, … oltre che organizzativo):
1) Stai nel “qui ed ora”
La capacità di essere nel qui ed ora, ovvero in una condizione di espansione dei sensi e (conseguentemente) della consapevolezza, ci aiuta ad entrare in contatto con i nostri pensieri ed emozioni. La pratica della consapevolezza permette di sviluppare una condizione psicologica, che viene chiamata presenza mentale, nella quale si riesce a essere presente alla complessità sensoriale di quello che si vive, permettendosi di osservare il continuo flusso di sensazioni, pensieri, emozioni, ricordi e fantasie che capitano nella mente. Lo stare nel “qui ed ora” permette di essere presenti a sé stessi ed di poter de-automatizzare la nostra azione: siamo abituati a fare le cose in automatico, ossia mentre facciamo qualcosa, pensiamo ad altro e non viviamo e sentiamo pienamente ogni aspetto di quell’esperienza (la ruvidezza di una superficie, i suoni circostanti, etc…); lo stare qui ed ora ci permette invece di vivere quell’esperienza con tutti i sensi pienamente attivi, osservando le nostre sensazioni, emozioni, pensieri e ci fa vivere non intrappolati in costruzioni mentali che ci portano al giudizio e all’”etichettamento” della realtà. Quando stai realizzando un progetto o un’attività qualsiasi, fai un’azione alla volta, come se fosse la cosa più importante della tua vita. Evita di pensare agli errori commessi nel passato o agli ostacoli che potresti incontrare nel futuro, non sono atteggiamenti mentali utili.
2) Focalizzati sulle sfide quotidiane
Spesso siamo catturati dai problemi che potrebbero sorgere, da quanto potrebbe andar male in una determinata attività oppure siamo presi dal dover fare un’azione che crediamo necessaria. Focalizzandosi sul qui ed ora, invece ci si rende conto che siamo distratti nel presente da tanti pensieri, preoccupazioni, pre-giudizi (magari derivanti da esperienze passate), che non ci consentono di avvicinarci alle nostre peculiarità, potenzialità ed anche cogliere quelle opportunità che sono in linea veramente con noi stessi. Quindi durante il lavoro dobbiamo sforzarci di avere presenza mentale occupandoci delle sfide quotidiane e ignorare i problemi che potrebbero sorgere… Una storia zen può aiutarci: Nan-in, un maestro giapponese dell’era Meiji, ricevette la visita di un professore universitario che era andato da lui per interrogarlo sullo Zen. Nan-in servì il tè. Colmò la tazza del suo ospite, e poi continuò a versare. Il professore guardò traboccare il tè, poi non riuscì più a contenersi. «È ricolma. Non ce n’entra più!». «Come questa tazza,» disse Nan-in «tu sei ricolmo delle tue opinioni e congetture. Come posso spiegarti lo Zen, se prima non vuoti la tua tazza?».
3) Vivi il contesto in cui sei inserito
Uno di noi si ricorda di una vignetta di molti anni fa, di non grande effetto comico, in cui si vedeva la classica moglie in cucina a preparare la cena e il marito che, appena rientrato in casa, saliva, non visto, le scale con sulle spalle un archivio d’ufficio con nascosta una bella e giovane donna (la segretaria, secondo l’immaginario collettivo?) ed il testo sotto riportava la frase della moglie: “caro, anche stasera ti sei portato il lavoro a casa?”. Ecco, vivere il contesto in cui si è inseriti vuol dire non portare il lavoro a casa oppure viceversa non portarsi i pensieri di casa al lavoro. Stare nel qui ed ora e focalizzarsi sulle sfide quotidiane vuol dire anche “rispettare” il contesto di riferimento in cui si è inseriti e non trascinare la discussione con la compagna o il compagno nel lavoro d’ufficio oppure lamentarsi con il/la partner del capo con cui si è avuta una discussione. Raccontare quanto è avvenuto, ma senza pensare implicitamente di lasciare il problema all’altro o di risolvere la difficoltà di lavoro a casa o viceversa: i problemi vanno affrontati nel contesto appropriato e nel momento appropriato.
4) Preparati a vivere il contesto
Rispettare il contesto vuol dire anche, ad esempio, arrivare prima da un cliente o ad appuntamento, per permettersi di essere mentalmente presenti all’incontro. Permettersi inoltre di essere pienamente a proprio agio nella situazione, mentalmente consapevoli che si sta agendo in quel contesto e in quel momento, avendo senso di quel tempo che si vive. Ecco perché è importante prepararsi nell’”entrare” nel contesto, passando da uno all’altro. C’è chi arrivato a casa dal lavoro, si isola in una stanza (magari con la scusa di andare in bagno…) per alcuni minuti prima di stare con la famiglia; chi lavora in casa, ma al mattino esce (ad esempio, per prendere un caffè al bar) per entrare poi nel contesto (mentale) di lavoro, quando rincasa, sebbene si trovi nello stesso alloggio di prima. Gli esempi possono essere tanti, l’importante è non sottovalutare il contesto e la necessità di inserirvisi con “attenzione”.
5) Stai nella relazione
Stare nel qui ed ora facilita anche la costruzione della relazione comunicativa con l’altro e la sua gestione, in quanto si risponde, in modo pieno, a chi e a cosa è presente attorno a noi. Come sarà probabilmente chiaro, stare nella relazione, per come lo stiamo qui intendendo, vuol dire non pensare ad altro mentre il nostro interlocutore parla e neppure guardare lo smartphone quando l’altro o gli altri stanno argomentando o ci stanno ascoltando. Vuol dire cogliere dell’altro o degli altri, le emozioni o la sua comunicazione non verbale, ed anche chiedergli il senso della sua comunicazione con domande di conferma del senso che abbiamo colto, etc e come vedremo ora…
Nel post della settimana prossima ci soffermeremo sulle altre cinque attenzioni, relativa al rapporto con gli altri e con il proprio lavoro nelle organizzazioni.
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