Siate desiderosi. Siate curiosi. Il cambiamento personale ha come motore la curiosità.
Siete curiosi? Non ci riferiamo a quanto scritto in questo post, ma ci vogliamo “rivolgere” alla vostra curiosità, alla vostra apertura verso il nuovo, verso le novità, verso l’originalità, la vostra disponibilità a sguardi diversi, a conoscenze, esperienze, luoghi e persone diverse.
Gli studi neuroscientifici sembrano aver dimostrato che
l’apprendimento è influenzato dalla curiosità e dagli stimoli che l’attivano.
Così come l’interesse, il desiderio per qualcosa, attiva il cervello a
ricordare non soltanto l’informazione principale ma tutto ciò che vi è legato. Ed in questo post, appunto, vogliamo
presentarvi il nostro punto di vista su un motore del cambiamento, la
curiosità, intesa non come bizzarria o stranezza, ma come cura, nella
sua origine etimologica di premura, sollecitudine per qualcosa. Una cura che
deve far fiorire l’essere e l’esserci nel mondo, il dare forma al proprio
essere in senso pieno, come dedizione a migliorarsi e a stare nella relazione
con gli altri.
Cosa intendiamo per curiosità
La curiosità è un desiderio di
conoscenza che si manifesta nell’esplorazione dell'ambiente circostante e del nostro
mondo interiore. Konrad Lorenz ci ha indicato che la disponibilità a nuove
esperienze è tipica degli animali non specializzati, come l’uomo: animali che
si adattano, dunque, a una vasta molteplicità di condizioni ambientali. Ma diversamente
dalla maggior parte degli animali, nell’uomo la curiosità rimane, anche se
in modo differenziato, lungo tutta l’esistenza. Negli animali, infatti, la
tendenza esplorativa si estingue dopo il periodo dello sviluppo, per
mantenersi solo nella forma riflessa, osservabile nei comportamenti esplorativi
degli animali che si trovano di fronte a una situazione nuova o che incute
paura: negli esseri umani, invece, oltre a essere alla base del comportamento
infantile, soprattutto nel gioco e nelle interrogazioni continue, la curiosità
ci accompagna nel corso della nostra vita, più o meno stimolata, più o meno
circoscritta, solo in alcuni ambiti. Noi umani possiamo avere interessi
specifici (una volta l’immagine iconica maschile era quella del collezionista
di francobolli… magari, alla ricerca, tutta la vita, di un Gronchi rosa!),
grandi passioni, appunto, per oggetti o per ambiti sociali anche non praticati
(come per il calcio), insomma per qualcosa di esterno a noi. Ma possiamo avere,
a differenza degli altri esseri viventi, anche curiosità per noi stessi,
per capirci, per conoscerci, per far evolvere il nostro modo di essere e stare
al mondo. E questa curiosità per sé stessi è appunto il motore per il proprio
cambiar paradigma. Una curiosità su come si funziona, su come si può diventare
sé stessi, ossia pienamente in equilibrio tra le proprie parti, interne a noi.
Come ritornare ad essere curiosi
Ritornare ad essere curiosi, perché vi nasciamo: nei primi anni di vita, la spinta a conoscere il mondo e noi stessi (senza esserne coscienti), attraverso l’esplorazione e il gioco, è una spinta basilare. L’esplorazione è una costante del bambino piccolo, anche a rischio di farsi del male (senza rendersene conto, ovviamente). Più avanti nella crescita, si inizia a confrontarsi con il mondo e si pongono domande, le famose domande “innocenti” dei bambini, che, alcune volte, squarciano il quadro della abitudine e del “è così…”, per farci vedere altri aspetti del conosciuto. E, durante la preadolescenza e l’adolescenza, si rivolgono domande provocatorie e sfidanti. Con l’entrata nell’età adulta si rischia invece di perdere la curiosità, a favore di una visione più concreta del mondo circostante e di noi stessi. Cosa fare, allora? La cosa più facile per noi sarebbe consigliarvi di partire dal versante esterno e muovervi alla scoperta di quello che non conoscete (fare viaggi, divertirsi, …), aspetti da non trascurare ma che rischiano di non riattivare la curiosità ma solo di assecondare un nostro desiderio di rompere la routine. Certo cambiare abitudini aiuta, così come fare delle pause durante il lavoro (facendo una passeggiata se possibile o leggendo qualcosa di molto diverso), in generale comunque leggere molto, allo stesso modo approfondire qualcosa che ci ha colpiti (cercando non solo di allargare la nostra conoscenza ma anche di farsi domande sui meccanismi retrostanti). Ma la chiave per noi è la cura verso di sé: il paragrafo successivo affronterà questo aspetto, lasciandovi ricercare, se vi preme così tanto, le liste di consigli pratici in rete, soluzioni operative su come stimolare la vostra curiosità verso il mondo.
La CURiositÀ
Noi essere umani crediamo di avere un’unitarietà psichica, a causa del funzionamento mentale che ci porta a cogliere una costanza di comportamento e di identità che non esiste: dobbiamo invece aver chiaro che abbiamo una psiche composita, in continuo movimento, che ha necessità di fare un suo percorso per arrivare per ad avere una più fluida immagine di sé ed un più autentico rapporto con il mondo esterno. Abbandonando il come si vorrebbe essere. Così come la curiosità è il motore per il cambiamento più cognitivo, che ci spinge all’apprendimento, è anche fondamentale per cambiare sé stessi. Noi siamo organismi viventi, e come ogni organismo naturale viviamo in un continuo processo di adattamento e di riadattamento non solo rispetto al mondo esterno ma anche a quello interno: se l’organismo non è sensibile a questo processo evolutivo, rischia di non essere flessibile e di non essere in grado di svilupparsi in modo pieno ed armonico nel cambiamento. A differenza dei sistemi organizzativi, il solo adattamento per gli esseri umani non basta: il proprio cambiamento deve essere flessibile e soprattutto in sintonia autentica con le sue ragioni. E, come indicava Heidegger, la cura si realizza nel prendersi cura delle possibilità, allora essere curiosi verso di sé è darsi possibilità di cambiare. Partendo dall’accettazione di sé stessi, al di là dei messaggi che ci arrivano dagli altri, dobbiamo dialogare con le nostre parti interne, cogliendo i veri desideri e autorizzandosi a cambiare. Dunque: Consapevolezza, Desiderio, Autorizzazione, quello che noi di CambiarParadigma chiamiamo simpaticamente CDA. Un CDA che presiede all’elaborazione del cambiamento, insomma un "organo collegiale" al quale dobbiamo affidarci per gestire in modo ottimale e funzionale i nostri processi di cambiamento.