Si vive ... più volte: ricercare la consonanza con i propri valori.
Vi state chiedendo il perché del titolo si vive …più volte? È vero che si vive una volta sola (come richiama l’acronimo YOLO, di cui parleremo in questo post) e che solo l’agente 007 nel film vive due volte. Ma quante vite professionali si possono avere?
Noi
possiamo costruirci percorsi professionali alternativi, se sappiamo guardare
dentro noi stessi con obiettività e recuperare i nostri valori, in primis, ma
anche le attitudini, le competenze acquisite e potenziali, gli interessi.
Niente è già determinato e possiamo, analizzando il mercato del lavoro di
riferimento per noi, costruire e ri-definire la “career” come la chiamano gli
anglosassoni, ossia il nostro percorso professionale. In questo post parleremo
appunto di YOLO e di valori lavorativi in ottica personale e in ottica di
incrocio con quelli relativi alla cultura aziendale dell’organizzazione per cui
si lavora o si vorrebbe lavorare.
YOLO
Vi è un fenomeno che viene segnalato sui mass media e rilanciato da un sito all’altro e che attiva curiosità e dibattito (non sempre un dibattito approfondito…). È l’acronimo YOLO (“You Only Live Once”, si vive una volta sola) o la definizione di YOLO Economy, che viene presentata in autorevoli articoli giornalistici internazionali e poi ripresa a livello nostrano. Perché ne parliamo?
Perché, pur chiedendoci se si sia sicuri che questo fenomeno prima non ci fosse, vogliamo concentraci su cosa ci segna YOLO, attraverso alcune riflessioni psicosociali. La parola pare sia diventata molto diffusa sui social media internazionali da alcuni anni per una canzone rap e poi sia stata ripresa successivamente per definire, in modo non scientifico, un fenomeno che riguarderebbe alcuni giovani Millennials e Gen Z.
La presa di decisioni audaci da parte di giovani, come quelle di cambiare totalmente vita, lasciando aziende corporate, per seguire una propria vocazione. L’impatto – anche emotivo – della pandemia parrebbe aver contribuito ad accelerare le scelte di alcuni giovani, che avrebbero abbandonato una vita sempre “connessa” e passata continuamente davanti a degli schermi (grandi o piccoli che siano, computer o smart phone).
Giovani che sarebbero alla ricerca di esperienze che li coinvolgano e li arricchiscano non solo economicamente oppure verso attività in cui sia garantito il “benessere lavorativo” o verso esperienze imprenditoriali, giovani lavoratori che abbandonano lavori stabili per avviare nuove attività o per svolgere lavori differenti per ritmi o per tipologia.
PERCORSI PROFESSIONALI
La professionalità delle persone non è un percorso lineare, che avviato continua come un tempo su binari ben definiti, magari in grandi aziende, che possono diverse opportunità: in Italia, paese di medie e piccole imprese, i percorsi lineari non solo sono sempre meno possibili, ma sono poco probabili, per cui è più probabile avere career più simili a quelle definibili come boundaryless, ossia percorsi versatili e autodiretti dalla persona.
I giovani lavoratori italiani si trovano a doversi muovere tra esperienze professionali che saranno differenti nei contenuti, in realtà organizzative diverse, con tipologie di contratto o di rapporto di diversi (ad esempio, rapporto a termine, consulenza, assunzione a T.I., etc…): per questo diventa importante che siano loro ad auto-dirigere il loro percorso professionale. Per questo è fondamentale conoscere non solo le realtà economiche, ma anche le dinamiche del mercato di lavoro di riferimento, ma soprattutto sé stessi, per poter prendere le migliori decisioni per la propria career.
UNA DIMENSIONE POCO CONSIDERATA: I VALORI LAVORATIVI
I valori lavorativi personali sono un elemento che emerge con prepotenza in queste discussioni su YOLO e ci pare che emerga anche con altrettanta chiarezza che, prendendo come riferimento il profilo della persona che deciderebbe di cambiar vita, il/la giovane professionalizzato/a in carriera, esso/a non abbia tenuto conto dei propri valori professionali.
Sembrerebbe che questi giovani abbiano investito (in senso non necessariamente economico) nella costruzione del proprio percorso di studi (università, master) e di professionalizzazione (stage, esperienze professionali) senza chiedersi quali sono i propri valori lavorativi e, anche, quali sono quelli dell’azienda in cui lavoro?
Non tutti abbiamo gli stessi valori lavorativi, che si costruiscono, come ci dicono le ricerche, sotto l’influenza di diverse variabili familiari, ma anche secondo la scolarizzazione, il genere, l’età. Con la pandemia, allora, sembrerebbe che questi giovani siano stati messi nella condizione di guardarsi dentro, di tirar fuori i propri valori e fare un bilancio della propria esperienza professionale: alcuni parrebbe si siano resi conto che per costruirsi un percorso professionale personale, che sia “loro”, in cui stare bene, fosse necessario guardare ai propri valori lavorativi.
Come sappiamo facendo i consulenti psicosociali ed aiutando le persone nei percorsi lavorativi, dentro e fuori le organizzazioni, considerare i valori professionali personali è un aspetto fondante per la costruzione della propria “career”. Confrontarsi, quindi, con i propri valori lavorativi vuol dire capire se vi è compatibilità tra essi e il lavoro dei nostri “sogni” (spesso idealizzato e, a volte, agognato perché desiderabile socialmente), se c’è compatibilità con i valori proposti dall’organizzazione in cui vorremmo entrare o in cui siamo già, comunque mettere in fila e in ordine le nostre priorità lavorative: che possono cambiare nel corso del tempo, così come i valori professionali, dandoci la possibilità di vivere… più vite professionali!