“Le organizzazioni a caccia di farfalle”: riflessioni sulla terza metafora emersa dal nostro sondaggio
Le metafore che hanno a che fare con la natura e i fenomeni naturali sono la prevalenza tra le risposte che abbiamo avuto al nostro sondaggio di maggio sul cambiamento organizzativo. Dalle numerose risposte abbiamo creato dei cluster per aggregare appunto le proposte di rappresentazione del cambiamento organizzativo che sono state fatte: dopo il primo post che ha raccontato il sondaggio e i diversi cluster emersi, ora siamo al terzo post che racconta la ricchezza di ogni cluster. Come avrete intuito dal titolo, il cluster al centro di questo post è quello della farfalla e della sua trasformazione. I precedenti si sono centrati su “i mutamenti di stato dell’acqua” e sulle “stagioni” e il loro evolvere.
Le metafore rappresentano, come sappiamo, l’immaginario, le immagini collettive, e, in questo post, affronteremo quelle che si incentrano sull’evolversi della farfalla, come “raffigurazione” del cambiamento organizzativo. Lo faremo grazie all’abbondanza, non solo numerica, delle risposte al sondaggio che abbiamo proposto, ma soprattutto alla profondità di argomentazione delle motivazioni sulla scelta delle metafore. È stato un brevissimo sondaggio ma ci sta arricchendo di riflessioni e spunti: grazie ancora a chi ha contribuito.
Psiché, fanciulla nella mitologia greca, dalla strabiliante bellezza, quanto quella di molte farfalle, fa un tragitto alla ricerca del perduto amore (la figura appunto di Amore), per arrivare alla forma compiuta e piena (che da l’amore), attraverso la trasformazione, ossia la ricerca di splendore e attrattiva. E Psiché per gli antichi greci è appunto il nome con cui si designa la farfalla ed anche l’anima (in questo ultimo caso, similmente ai celti e maori): Antonio Canova nella statua Amore e Psiché in piedi raffigura i due amanti assieme ed hanno tra le mani una farfalla…
L’anima, appunto Psiché, raffigura, nell’antichità, la trasformazione evolutiva che finisce con la morte, momento in cui, si credeva, l’anima uscisse dalla bocca, atto rappresentato sui sarcofagi proprio con una farfalla. Successivamente nell’immaginario cristiano la farfalla invece rappresenta la resurrezione e la salvezza: in virtù del percorso che essa fa da bozzolo ad animale compiuto, diventa il simbolo della resurrezione. E nei secoli troviamo raffigurate farfalle in molte opere per ricordare la salvezza dell’anima, contrapposte a insetti che rappresentano le forze malefiche, il peccato, oppure a indicare una morte prematura di un o una giovane di nobile lignaggio, augurando la resurrezione. Gli stadi di evoluzione della farfalla sono trasportati simbolicamente dalla cultura cristiana nelle fasi di vita, morte e resurrezione.
La trasformazione, il trapasso da bozzolo, simbolo dell’incompiuto, a bruco e da questa in farfalla, è il percorso della evoluzione interiore che ognuno di noi può fare, della nostra anima, appunto: vi è una sorta di seconda nascita per questo animale, allo stesso modo noi possiamo, con il nostro cambiamento personale, evolvere verso quella individuazione di cui parla Carl Gustav Jung. Insomma, un processo psichico rappresentabile dalla farfalla e che però si fa anche esempio dell’evoluzione delle organizzazioni. Nelle prossime righe, abbandonata la riflessione sulla simbologia della farfalla, approfondiremo in particolare le implicazioni per il cambiamento organizzativo.
La sintesi dei cluster emersi dal
sondaggio
Le diverse metafore che sono emerse si richiamano a tipologie concettuali differenti, riferite principalmente alla natura e le sue mutazioni o caratteristiche, alla popolazione naturale, alle simbologie e agli strumenti umani. I diversi cluster, seppur dissimili, sono, nella maggior parte, collegati tra loro, sia perché si possono ascrivere a categorie concettuali che li comprendono (ad esempio appunto la natura) sia perché indicano modalità di cambiamento assimilabili (es. cambiamento come mutazione).
Il cluster denominato “i mutamenti di stato dell’acqua”, di cui abbiamo scritto nel primo post (link), raggruppa quelle metafore che vedono nell’acqua, nella marea e nell’onda appunto l’evoluzione delle forme liquide: simbolicamente le acque rappresentano il flusso continuo del mondo manifesto, che dissolvono, cancellano, rimuovono, purificano e rigenerano. Un altro cluster è chiamato “il fiore che sboccia”: un singolo elemento che cambia stato, che modifica la sua forma, simbolo della potenzialità, dello sviluppo, dell’apertura, di una passività (la corolla che riceve) che si apre verso l’esterno, verso l’ambiente esterno, attraverso l’insetto che vi si posa. Le forme naturali e riprodotte dall’uomo come la “spirale”, un altro cluster, processo profondo ed evolutivo, che ritorna ricorsivamente, apre alla possibilità che vi sia un cambiamento espansivo oppure implosivo.
Il cluster denominato il “viaggio”, vede il cambiamento come un tragitto, la ricerca di una via, il viaggio dell’eroe come un percorso di cambiamento, alla ricerca della sua anima, verso la felicità o verso la mission che l’organizzazione sta perseguendo. Invece nel post precedente (link) abbiamo approfondito il cluster che abbiamo definito “le stagioni” e il loro mutare in modo sequenziale ma non sempre uguale.
Le riflessioni sulla “farfalla” e la sua trasformazione
Questo cluster è denominato per un animale che si trasforma, la “farfalla”, da bozzolo, a bruco, diventando appunto farfalla, ossia una specie che si evolve, adattandosi al nuovo contesto. Il cambiamento come mutamento non può non richiamare infatti la trasformazione della “farfalla”, che è una immagine classica del cambiamento: essa, simbolicamente, rappresenta la rinascita, la resurrezione che passa dalla dissoluzione dello stato precedente.
La metafora è stata scelta perché seppur evolvendo in continuità determina una condizione completamente nuova con nuove possibilità e questa nuova condizione viene considerata migliore della precedente. Partendo però dalla considerazione che la fine di un ciclo non rappresenta la fine necessariamente. Quindi una visione del cambiamento organizzativo come una serie di cicli, che si susseguono, dando senso di continuità ma anche trasformazione della forma (nella farfalla) e riorganizzazione nelle aziende. Insomma, si è diversi dopo un cambiamento, che è in più stadi, trasformandosi in qualcosa di diverso, sapendo che sarà sempre meglio (la farfalla è la massima bellezza, soprattutto se paragonata al bozzolo).
Un cambiamento che parte da una condizione limitante data da condizionamenti di
uno stato precedente (il bruco) e che deve sconfiggere il senso di impotenza
del bozzolo, aspettando le condizioni giuste che permettano l’innovazione e l’esprimere
le potenzialità della farfalla. Una trasformazione in cui occorre uscire da un
vecchio stadio senza avere ancora raggiunto il nuovo, perché ogni stadio
prepara il successivo, ma non lo si conosce finché vi si è dentro: la spinta
all’emanciparsi del bruco dai condizionamenti della sua condizione e dall’incapacità
di creare che vive il bozzolo, ci possono insegnare molto nella gestione del
processo di change.
E il cambiamento in azienda?
Il cambiamento organizzativo in fondo, ci suggerisce questo cluster di metafore, può essere visto appunto come un processo. Un processo che deve generare valore, un viaggio che deve essere perseguito, realizzato e monitorato, un flusso che si dispiega in modo non rigido, trasformativo e che non lascia alle stesse condizioni di partenza: un’organizzazione non rimane bozzolo ma diventa altro. Che significa accettare il cambiamento verso qualcosa di diverso, in dialogo con l’ambiente esterno, con la prospettiva di una nuova fase evolutiva dell’organizzazione, come continuazione della precedente, ma senza esserne condizionati.
Il “rischio della farfalla” può essere allora di immaginarsi un cambiamento organizzativo “bello” come una Peacock Butterfly, la farfalla pavone, considerata, per bellezza e ricchezza cromatica delle sue ali, la più bella del mondo. Attendersi che il cambiamento organizzativo attuato elimini tutti i problemi che un’azienda o un Ente può avere, può essere pericoloso: invece la trasformazione genera un valore nuovo, senza un modello predefinito, né un’immagine ideale, seguendo un processo non precisamente pianificato che trova soluzioni strada facendo.
Insomma, un bozzolo che non sa di diventare farfalla, che lo diventa non perché “vuolsì così colà dove si puote ciò che si vuole” ma perché è la forma più efficace per il mercato di riferimento.
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