Disponibilità a cambiare e percorso professionale
La carriera, etimologicamente, deriva da carro e indica, nel termine carrària, la via su cui possono passare i carri e quindi per estensione il percorso professionale che ci si è costruiti. Un percorso lineare o tortuoso, dal terreno liscio o sconnesso, con bivi in cui si è scelta una direzione consapevolmente o no; un viaggio che si è appunto percorso su un carro più o meno attrezzato ad affrontare non solo le attività professionali ma anche le attività di mantenimento e di cambiamento della propria carriera.
Tra li diverse capacità che ogni professionista, come noi siamo abituati a chiamare i lavoratori di ogni tipologia, deve dotarsi (ossia scoprire in sé, rinforzare o sviluppare), ce n’è una che noi pensiamo sia cruciale: la disponibilità a cambiare. Gli esseri umani sono, per natura, soggetti a quella che possiamo chiamare “regola” dell’invarianza, per cui percepiscono l’unitarietà del Sé e non colgono il cambiamento che è avvenuto in sé stessi.
Le condizioni necessarie affinché un essere umano possa cambiare, esse sono tre, appunto la disposizione individuale al cambiamento ed anche la metacognizione (la conoscenza che una persona ha del proprio funzionamento mentale) e la relazione di reciprocità funzionale (punto di riferimento esterno a sé che faciliti, incoraggi o suggerisca nuove possibilità di vivere ciò che accade). In questo post ci concentreremo proprio sulla prima di queste condizioni, la disponibilità al cambiamento della persona.
Il cambiamento si realizza attraverso l’utilizzazione di nuove capacità, di nuovi modelli mentali, che si aggiungono alle capacità, ai modelli, alle conoscenze precedenti, senza mai sostituirli. In termini di aree corticali e sub-corticali, il cambiamento consiste nella stabilizzazione di un nuovo circuito neuronale, una nuova rete neuronale attivata in modo privilegiato a livello cerebrale.
La disponibilità al cambiamento
Dipende da come la persona ha vissuto i precedenti cambiamenti, se sono stati incoraggiati o penalizzati, se il cambiamento è stato accolto come importante o come funesto. Stiamo ovviamente parlando di un cambiamento personale, interno, non esteriore o sociale. Questa disponibilità al cambiamento sembra correlata al tratto di personalità definibile come apertura all’esperienza ed a livello ambientale (ogni soggetto non solo vi è inserito ma ha uno scambio continuo con il suo ambiente sociale) con l’ansia relativa al cambiamento che si attiva nelle persone.
Si verifica perché il cambiamento implica andare verso qualcosa di ignoto e la resistenza all’indefinito è una parte naturale del processo di cambiamento. Dunque, risulta importante per la persona gestire questa ansia che si attiva nelle fasi di cambiamento oppure essere aiutati a gestirla da una figura consulenziale. Un cambiamento professionale, per scelta personale o per un’opzione “forzata” (licenziamento, cassa integrazione, fine di un contratto, ecc…) impone la gestione dell’ansia, l’attivazione delle proprie risorse personali e di un approccio mentale adatto al nuovo scenario.
Non sempre le persone sono pronte per questo passaggio e non sempre riescono da sole ad attivare le risorse personali di fronteggiamento della nuova situazione (la ridefinizione dell’identità personale e del ruolo sociale, ad esempio). Non basta comprendere la nuova situazione in cui ci si trova per avere una disposizione mentale efficace ad affrontarla, bisogna invece arrivare ad un’accettazione cognitiva ed emotiva del cambiamento. Questa fase di accettazione può anche essere breve, se quella disponibilità al cambiamento, di cui abbiamo scritto finora, supporta la persona nel vedere con un nuovo sguardo la sua situazione: un cambiamento in genere inevitabile, in cui non si può tornare indietro, che richiede di superare la resistenza al cambiamento e di elaborare il vissuto personale legato all’esperienza professionale appena conclusa.
Finché la persona poi non entra in una nuova fase, quella della motivazione al cambiamento, che lo porta ad impegnarsi nella costruzione di un nuovo progetto professionale: emozioni diverse dalle precedenti, capacità cognitive libere di attivarsi senza “l’oppressione” di uno stato mentale negativo, permettono alla persona di ri-pensare e ri-costruire e progettare, appunto. Ed allora è possibile un cambiamento che permette non solo di abbandonare la reiterazione di comportamenti e approcci poco funzionali alla ricerca di un nuovo lavoro ma di costruirne di differenti, maggiormente adeguati al mercato del lavoro che si è evoluto e/o ad un progetto professionale ridefinito.
Attivare il cambiamento nei percorsi di consulenza di carriera
Vi sono persone già pronte per una ricerca efficace e mirata di un nuovo lavoro, perché la disponibilità al cambiamento è alta e più facilmente, e brevemente, si avviano a prendere per mano il proprio percorso professionale, adattato o ridefinito; altre persone hanno invece bisogno di un accompagnamento che gli permetta di aprirsi al cambiamento, accettando quanto spesso vivono come una “sconfitta” personale (licenziamento collettivo, cassa integrazione) e rimettendosi in quel percorso professionale che sentono di aver abbandonato: seguendo la metafora automobilistica, uno stop ai box per ripensarsi e ripensare i propri obiettivi o anche solo ri-adattarli alla situazione socio-economica del momento.
Aiutare queste persone vuol dire non tanto supportarle sugli strumenti di ricerca del lavoro, sul personal branding, ma piuttosto prima intervenire per modificare il loro funzionamento cognitivo-emotivo: la loro percezione, la loro capacità di elaborazione e infine la loro azione.
La percezione è quella della situazione che stanno vivendo e delle possibilità di cambiamento e di poter incidere sulla realtà per ritrovare un lavoro e rielaborare l’identità professionale e sociale: si esemplifica in affermazioni come “tutti vogliono l’inglese, alla mia età, cosa vuole non posso impararlo…”.
L’elaborazione è la modifica dell’attribuzione del significato che le persone danno a ciò che avviene attorno, nel mercato del lavoro e dentro di sé, trasformando le attribuzioni cognitive: frasi come “bisogna essere fortunati” o simili segnalano una difficoltà nell’assegnare in modo equilibrato il controllo della situazione a fattori esterni (fattori immateriali o generici) o interni (la persona).
L’azione è il risultato delle prime due fasi, in cui cambia il comportamento in quanto è cambiata l’emozione associata al momento che la persona vive, così come si sono modificati gli schemi mentali, la percezione di sé e del mondo del lavoro.
La consulenza di carriera è per noi principalmente il supporto alle persone affinché modifichino emozioni, percezioni, elaborazioni mentali e comportamenti per una riprogettazione professionale, più o meno ampia, e la conseguente finalizzazione delle azioni di ricerca del lavoro: aiutare le persone ad aprirsi al cambiamento, in quanto porta non solo nuove possibilità ma anche nuove prospettive e che permette loro di essere maggiormente realistici ed efficaci nella definizione di obiettivi e nell’azione di ricerca di lavoro. Insomma, intraprendere quella strada carraia con un mezzo più adeguato e soprattutto con un nuovo sguardo.