Come favorire l’apprendimento dei collaboratori
Dopo aver partecipato ad un seminario o ad un precorso di formazione, le persone si trovano nella necessità di applicare quanto sperimentato e appreso. È facilmente intuibile che l’ambiente in cui lavora può essere un fattore facilitante oppure un fattore ostacolante, sin in termini di effettive condizioni sia di percezione da parte del “discente”.
La percezione delle persone può favorire la sperimentazione oppure ostacolarla: un esempio lo sono le risposte che alcune volte i formatori si sentono dare a fine corso, come “mi sarà utile nella vita ma non al lavoro…” (riguardo ai comportamenti oggi definiti soft skills), durante il corso “interessante ma non è realistico da noi” o già all’inizio “i problemi sono altri…”; fatto salvo che il formatore lavorerà durante il seminario per far vedere un’altra prospettiva al partecipante che ha espresso in avvio o nel durante le sue impressioni e non sempre c’è il tempo o la possibilità per riuscirci, rimane l’aspetto che la discontinuità tra esperienza formativa e realtà lavorativa esista. Nonostante si progettino follow up, attività di pre e post aula o altro.
L’ambiente organizzativo come ambiente di apprendimento e la cultura d’impresa come “substrato” che lo facilita sono aspetti cruciali: come può un manager lavorare nel tempo per far si che si modifichino? Il manager perché, al di là di ciò che la direzione HR può implementare e del supporto che può fornire, è il manager responsabile della sua unità, settore, struttura o, ovviamente, l’imprenditore, se ci si riferisce ad una PMI, che deve creare le condizioni perché l’ambiente sia aperto, innovativo, luogo di apprendimento e crescita professionale. Di seguito alcuni spunti che possono aiutare i manager o gli imprenditori a realizzare questo obiettivo.
Focalizzarsi sul miglioramento dei collaboratori
Tutte le persone adulte tendono a migliorarsi, cercando di darsi degli obiettivi per fare in modo diverso le cose o cambiare le proprie abitudini (quando scriviamo siamo a inizio gennaio, con l’anno nuovo di solito si fanno i buoni propositi…): perché non aiutarli nel migliorarsi nel lavoro? (al resto ci penseranno loro…!). Creare un ambiente di apprendimento vuol dire innanzitutto dare loro la possibilità di confrontarsi con chi non solo si focalizza sugli obiettivi di business e sul lavoro di team, ma dimostra di avere una visione più a lungo termine, pensando al futuro, ossia allo sviluppo delle competenze dei collaboratori per raggiungere obiettivi sempre più sfidanti. Sia che i collaboratori esplicitino la loro volontà quando sono invitati a farlo, ad esempio per le attività legate alle policies sullo sviluppo professionale, sia che non sia loro richiesto, il compito del manager è quello allora di aiutarli a confrontarsi con il loro potenziale. Individua il loro potenziale e le aree di miglioramento, affronta con loro il tema e aiutali ad allineare gli obiettivi personali che hanno in mente con gli obiettivi che tu hai pensato per loro e articola le loro esigenze con quelle del business.
Le persone sono le risorse che ti permettono di ottenere i risultati che l’azienda persegue, considerarle senza obiettivi di miglioramento è come considerarle, ci si permetta questo paragone forte, come degli oggetti; ritenere che non ci sia bisogno di facilitare la loro crescita professionale è come pensare che il mondo sia immobile; credere che non sia necessario pensare a che competenze potrà garantire il proprio team di collaboratori tra alcuni anni è come annullare il tempo.
Il ruolo di un manager
Il responsabile (manager di vario livello o imprenditore che sia) è colui che riempie una casella organizzativa che non necessariamente, lo sappiamo, vuol dire avere leadership sui collaboratori. Essa si conquista con il tempo e facendo le mosse giuste e saper valorizzare i collaboratori è una di queste. Il ruolo porta a dover abbandonare, parzialmente o totalmente, l’essere l’esperto dell’ambito di riferimento, per gestire la complessità organizzativa e la strategia.
Se si usa la propria leadership e non il senso di controllo e di potere sulle competenze e il sapere sviluppato nella realtà organizzativa di cui si è responsabili, è possibile creare quell’ambiente di apprendimento di sui stiamo scrivendo. Perché sarà possibile affidare parte del processo decisionale alla squadra, in quanto esperti della materia, aggiornati e innovativi più di quanto il manager riesce oggettivamente ad essere, non essendo più a contatto diretto con il cliente, i fornitori, etc..: lui dalla sua posizione ha una migliore visione strategica, che integrerà con il lavoro dei suoi collaboratori. Può essere allora il loro “allenatore”, li stimola nel dimostrare la loro competenza, ciò che hanno imparato, per guidare al meglio il team, in un circolo virtuoso che porterà al manager informazioni, competenze da cui attingere e alle persone quelle informazioni che gli fornisce il manager e che necessitano loro per mantenere senso e direzione del lavoro. Un ambiente, insomma, in cui nessuno si sente tagliato fuori da informazioni e logiche d’azione e in cui ognuno, ad ogni livello, può trovare le occasioni per il suo miglioramento o anche solo per l’aggiornamento: un team più efficace nell’ottenere i risultati attesi, che porta un vantaggio competitivo.
Il ruolo della formazione
Come pensiamo di aver mostrato, l’apprendimento non avviene solo nei luoghi deputati alla formazione. Inoltre, sappiamo che la formazione non è solo il seminario o il master, ma una serie di pratiche consolidate che possono facilitare l’apprendimento delle persone: coaching, team coaching, mentoring, job shadowing, action learning, sono alcune delle pratiche ormai consolidate. Usarle assieme o in alternativa alla formazione “tradizionale” sia in presenza sia a distanza, presuppone che vi sia appunto un ambiente che poi permetta di utilizzare quanto appreso, che sia valorizzato e non “nascosto”, che vi sia il terreno fertile e un manager che lo apprezzi e non lo svaluti con frasi come “sei ritornato dal corso? ora torna a lavorare!”. Questa separazione di ambienti è appunto una separazione che non favorisce l’apprendimento delle persone, che le disorienta, che le spinge a vivere la formazione come un obbligo e non un’opportunità. Il manager deve quindi integrare le opportunità di formazione aziendali e quelle che lui propone, ma soprattutto suggerire lui stesso l’integrazione tra i percorsi.
Per concludere, il manager deve essere non solo il creatore dell’ambiente di apprendimento, ma anche esso stesso sempre in apprendimento, imparando a creare questo ambiente, a mantenerlo nel tempo, ma soprattutto ad essere d’esempio come un leader deve fare, oltre che attivo nell’evolvere come professionista.
E quando si crea la giusta atmosfera per l'apprendimento, si promuove la crescita dei collaboratori, il loro miglioramento costante, si facilita la condivisione delle conoscenze e l’impegno comune per l’ottenimento dei risultati: un vantaggio competitivo non solo per il leader ma anche per tutto il team… non solo una medaglia da appendersi al petto come capi o come impresa, ma un sistema potenziale di innovazione ben oliato.
E voi, manager, come state creando il vostro ambiente di apprendimento? Cosa fate di efficace per favorire l'apprendimento? Quali ostacoli avete davanti?
Voi collaboratori, di che ambiente di apprendimento avete bisogno? Ne avete parlato con il vostro capo? Diffondete gli apprendimenti che avete acquisito ai colleghi e al capo o li tenete per voi?
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