Tre passi nel cambiamento: la mentalità openness

La trasformazione digitale e l’innovazione tecnologica in atto nelle aziende, sta comportando, o implicherà prossimamente, la migrazione verso modelli organizzativi più orizzontali (tema affrontato in un post precedente) e con una maggiore partecipazione diretta delle persone. Per queste ultime, diventa allora cruciale possedere, oltre alle competenze specialistiche, un atteggiamento mentale che permetta di interpretare le nuove sfide, di cogliere e leggere i fenomeni in maniera nuova, di affrontare situazioni inusitate e pensare agli errori che faranno come opportunità. Essere dotati, in altre parole, di un approccio mentale “open”. Ma ciò che cosa comporta in specifico? Rimanere curiosi e aperti alla trasformazione, senza etichettare ciò che accade con categorie del passato. Ma, come possono le aziende sviluppare nelle persone una mentalità openness?

Il tema:

Oltre ai valori e ai principi agile, quello che caratterizza il framework che sta aiutando le organizzazioni nella loro evoluzione, è la mentalità che le persone adottano difronte al cambiamento. Essere personalmente capaci di “stare nel cambiamento”, né resistendo né conformarsi ad esso: abili nel cogliere le occasioni di crescita professionale e vivere le opportunità come possibilità di restare “in sintonia” con la propria realtà. Vuol dire sviluppare schemi mentali differenti per adottare nuove prassi lavorative, una ottica diversa da cui guardare le attività, per innovare assieme agli altri i prodotti, i processi, il modello di business o la propria organizzazione.  

Le aziende e le altre organizzazioni che vogliono evolvere davvero, non devono inseguire soluzioni che danno risultati nel breve, ma investire nel lungo termine, promuovendo una diffusa mentalità openness, cosa che non si fa in poco tempo… evitando di fare scelte opposte, come pensando di risolvere tutto promuovendo, ad esempio, corsi su innovazione e creatività (due processi differenti, che spesso si confondono…).

Serve un percorso articolato e sperimentato, con una metodologia ad hoc. I primi tre passi che, secondo noi, bisogna fare, per avviare questo cambiamento di mentalità, sono quelli che denominiamo CDA:

C come Consapevolezza: agire per aiutare le persone a cambiare mentalità, vuol dire attivare azioni che facciano gli intanto prendere consapevolezza, appunto, di avere una mentalità, ossia uno schema che ognuno usa per muoversi in azienda. E quando ci si rende conto di ciò, si è già in movimento…

D come Desiderio: perché dovrei cambiare il mio approccio alle cose, mi va bene così…quante volte ci siamo sentiti dire questa frase o simili! Essere consapevoli non vuol dire che si sia disposti a cambiare, anche se è un buon avvio: bisogna suscitare il desiderio di cambiare, con attività specifiche che aprano alle persone la voglia di farlo.

A come Autorizzazione: spesso il desiderio è bloccato da killer mentali, che attivano pensieri che innescano dubbi, come ad esempio quelli relativi alla valutazione falsamente realistica delle possibilità (che alla fine fanno dire: non ce la farò mai…). Ovviamente è un aspetto delicato del percorso di supporto alle persone in azienda, ma anche un nodo cruciale. Bisogna aiutare le persone, appunto, a darsi l’autorizzazione a cambiare e quindi la possibilità.

Queste sono solo le fasi di lavoro introduttive e l’impegno di ognuno per arrivare alla mentalità openness non è terminato: mancano le fasi di sperimentazione ed azione, che, seguendo alcuni passaggi chiave, rendono lo sforzo iniziale produttivo ed evitano i, frequenti, passi da gamberi!  

In questo modo l’organizzazione può contare su persone che hanno sia una mentalità differente, in linea con modalità lavorative del framework agile ma che sono anche più consapevoli dei propri meccanismi mentali e quindi hanno una maggiore capacità di adattamento alla trasformazione interna e dei mercati.

Foto di David Cassolato www.pexels.com